Dedicato a chi, come me, crede ancora...
E’ sempre un’operazione estremamente rischiosa pretendere di presentare un paese attraverso immagini, molte o poche che siano. Sebbene bellissime e affascinanti come spesso se ne vedono. Si rischia sempre di cadere nel banale, di volgarizzare o sublimare esempi e frammenti di un’umanità complessa che non può essere ridotta a puro colore, costretta all’interno di linee e contorni talvolta insignificanti o limitanti ed insufficienti a rendere ed esprimere pienamente la profondità, il calore, la fantasia, la vitalità e la vera natura di un popolo. Se poi questo popolo è Ulassai, il paese delle rocce per antonomasia, il paese del vento che, nei secoli, ha plasmato indelebilmente uomini, alberi e montagne; beh! Allora l’impresa appare veramente improba. Tuttavia è innegabile che alcune immagini abbiano un fascino tutto loro: misterioso ed intrigante al tempo stesso. Sono una specie particolare di caleidoscopio, una sorta di minuscola costellazione all’interno della quale è possibile cogliere le innumerevoli sfaccettature di un microcosmo ideale, un piccolo e prezioso universo spesso bistrattato e dimenticato dalla stessa storia, relegato ai margini del progresso ed orgogliosamente arroccato sui propri valori.
Forse sono solo lontane e banali immagini poetiche che indulgono troppo nostalgicamente verso una sorta di eden mitizzato e tanto più bramato proprio perché irrimediabilmente perso ed ormai irraggiungibile, ma a me piace pensare ad un mondo lontano, un mondo povero ma nobile. Un mondo forse irreale, forse mai esistito, un’idea che forse rappresenta e simboleggia la purezza, la gioventù, il desiderio inappagato e malinconico del riappropriarsi di un una identità sbiadita, dimenticata o solo intravista negli occhi pesanti e stanchi dei nostri vecchi o, al peggio, desiderata e sognata per illuderci, convincerci, ingannarci che un tale mondo è possibile. E’ dunque illusione, finzione, o sciocco abbarbicarsi in un mondo di specchi infranti? Può essere ma da sempre l’uomo ha vissuto, combattuto e morto non tanto, non solo, per interesse, per il reale ed il concreto, ma soprattutto per un’idea, per un’illusione, per un sogno ed io credo, in tutta sincerità, che questo sia il dono più prezioso e nobile dell’umanità e di questo io, volutamente, intensamente, appassionatamente godo ed auguro a tutti voi. Nella speranza, sogno ed illusione che esista ancora, qualcuno o qualcosa che riesca ancora a sognare, a illudersi, a volare al di sopra della propria meschinità, della propria volgarità e del proprio egoismo. E se questo è solo un miraggio, un sogno, una fantasia, ebbene io a questo sogno, questa illusione anelo e bramo.
Giuseppe Cabizzosu
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